2 marzo 2009

Birre e uva

Cinque secoli fa Martin Lutero già affermava che «Vinum est donatio dei, cervetia traditio umana». Siamo proprio alla base della millenaria tradizione gastronomica europea, due prodotti che per secoli e secoli hanno segnato e continueranno a segnare la storia della produzione artigianale di questo continente e di questa Italia. Questa non è questione di buon bere ma è cultura, la più vera, perché radicata nel sapere popolare e nella tradizione agricola, tramandata e spero, mai dimenticata. Chissà se sarebbe stato possibile immaginare che l’incredibile fantasia dei birrai un giorno, sarebbe quasi arrivata a far convivere il vino e la birra. Anche chi è spinto dalla passione per quest’ultima, non può, non qui in Italia, prescindere dalla tradizione unica e millenaria che ci lega indissolubilmente al primo. E così l’estro dei nostri birrai, il radicamento al proprio territorio, la tradizione enologica regionale hanno fatto il resto e sono nate alcune birre uniche in cui è utilizzata anche l’uva. Nicola Perra, in Sardegna, per la sua BB10 ha utilizzato le più famose uve della sua isola, quelle Cannonau; per precisione ha utilizzato un prodotto tipico con una storia millenaria ovvero la sapa di Cannonau. Nota già ai Romani la sapa altro non è altro che mosto d'uva non fermentato e cotto lentamente per ore, fino a ridurre di un terzo il volume iniziale. Il mosto cotto che ne deriva è quindi estremamente zuccherino e da sempre utilizzato sia da solo come bevanda (il celebre vincotto) sia per la confezione di numerosissimi prodotti tradizionali. Dall’utilizzo del mosto cotto di queste uve nere nasce questa apprezzata birra scura e dalla gradazione alcolica sostenuta (10% appunto). Jurij Ferri a Spoltore, sempre con mosto cotto ma questa volta ottenuto dalle pregiate uve Montepulciano, produce invece la sua fantastica birra di Natale, la Grand Cru Santa Claus, speziata con zenzero, pepe, cannella e noce moscata. Una birra d’estrema eleganza, versione natalizia della già straordinaria Grand Cru, a cui viene appunto aggiunto anche il mosto ottenuto in caldaie di rame riducendo per ore il volume iniziale del vino. Ultima creazione di Riccardo Franzosi è invece la Tibir, prodotta utilizzando acini d'uva bianca Timorasso dei colli tortonesi e poi maturata in legno. Ne deriva una birra dal colore dorato con una gradazione intorno ai 7,5% dagli straordinari profumi di frutta bianca e quella classica secchezza e leggera nota acidula derivante dalla tannicità delle uve utilizzate. Nella linea sperimentale delle produzioni brassicole, birre del genere, per quanto estremamente innovative, sembrano quasi porsi in controtendenza, perché aprendo nuovi spazi comunque ritracciano i confini della tradizione e non ricercano una sperimentazione fine a sé stessa. Riportando la conclusione d'un articolo del grande Kuaska «Noi italiani abbiamo una marcia in più, ci viene dall’innata fantasia che sa sfociare in creatività e soprattutto in originalità». E appunto grazie alla maestria dei nostri birrai le tre birre sono di un livello qualitativo assoluto, ma non poteva essere altrimenti..

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