24 gennaio 2009

Beer World Party


Venerdì grande serata al 4:20 per il Beer World Party. Badare: non era solo la -festa delle birre del mondo-, ma la –festa del mondo della birra-. E lo è stata sul serio. Per la presenza di mastribirrai e appassionati, per una cotta pubblica che ha permesso agli interessati di capire, seguire e godersi concretamente il processo di birrificazione e per la cura nell’organizzazione con cui si è voluti andare oltre l’ottima bevuta, come dimostrava la presenza di utili “guide alla serata” con molte informazioni sulle birre a disposizione e qualche dettaglio tecnico per i più curiosi. Non dimentichiamo 18 birre alla spina e 3 dai cask. Tutto questo grazie ad Alex Liberati, patron del locale, che presentava così le tre serate: «Un’occasione per fare il punto della situazione, per focalizzare cosa sta realmente accadendo oggi nel mondo della birra. Un momento per dare uno sguardo alle tradizioni da cui proveniamo e per cercare di capire cosa fare in futuro. Uno strumento per valutare dove in tutto questo si posiziona il movimento brassicolo italiano, tanto discusso e parlato». Per far questo, tre serate, ottimi piatti d’accompagnamento e più di 70 birre suddivise in tre gruppi: Punto di partenza – Belgio, Germania e Inghilterra; Venti di cambiamento – Italia e Olanda; Birre estreme – America, Danimarca, Finlandia e Norvegia. Un pò per patriottismo spinto e un pò per alcune delle birre presenti, abbiamo optato per la serata Italia-Olanda. C’era solo l’imbarazzo della scelta: le nostre White Dog (Barrel Porter, Boot Hill, Tall Dark Stranger), Montegioco (Mummia, Tibir, Quarta Runa), Ducato (Viaemilia, A.F.O. New Morning) e dall’Olanda, De Molen (Rasputin 2007, Hel & Verdoemenis, Ruig & Rood, Hemel & Aarde, Bommen & Granaten, Lusten & Lasten, Amarillo), De Prael (Willeke, Willy, Mary 2007, Rotten Father), Klein Duimpje (Imperial Russian Stout, Hillegomse Hangkous). Difronte a tanta abbondanza, non si può che posporre la propria salute (e patente nel peggiore dei casi) al dovere d’assaggio e iniziare a saccheggiare spine e cask. Ora, sulle Montegioco di Riccardo Franzosi, presente alla serata, non c’è più nulla da aggiungere: qualità alta e costante, estro unico per creazioni particolarissime:birre uniche e riconoscibilissime. La Mummia, che avevo già provato nella versione “liscia” e che abbiamo trovato in versione “mossa”, rifermentata con lieviti da vino e l’ormai celeberrima Quarta Runa, con pesche di Volpedo, non si dimenticano facilmente e finalmente ho potuto assaggiare la Tibir, prodotta con uva Timorasso spremuta e bollita: il risultato è una birra color oro, dal naso elegante e di grande bevibilità. In forma anche l’APA di White Dog e la Boot Hill, ma se è una botta di luppolo che cercate allora l’A.F.O. del Ducato può levare grosse soddisafazioni. Spostandoci più su in Europa, arrivano le birre (sono un’infinità) di Menno Olivier di De Molen, che al 4:20 occupano fisse almeno qualche spina. Negli anni le birre del Mulino di Bodegraven si sono fatte apprezzare sempre più, in particolare per l’impressionante vastità di scelta (praticamente di tutto). Durante la serata al mastro birraio Menno Olivier è stato dato il premio per “Miglior birrificio dell’evento”. Tra le varie ho assaggiato la Hemel & Aarde (cielo e terra), imperial stout prodotta con i malti torbati della distilleria scozzese di Bruichladdich, la Lusten & Lasten (gioie e dolori) una triple molto fruttata e la Ruig & Rood (rozza e rossa) ottima irish red amara e vellutata, con l’aggiunta di luppolo Saaz in dry hopping, che regala note equilibrate ed eleganti. Di De Molen non potete assolutamente perdere la Bommen & Granaten, grande barley wine minacciosissimo dall’alto dei suoi 16°. In mezzo abbiamo infilato una stucchevole spremuta di caramello, la Mary di De Prael. Che dire di questo Beer world party, l’atmosfera era accogliente, il bicchiere sempre pieno ed io, dopo questa decina di birre,orizzontale..Questi di solito sono indizi d’una gran bella serata. E’ sempre piacevole poter provare e scoprire nuove birre e lo è ancor di più quando eventi ad hoc sono organizzati qui a Roma, segno d’una scena brassicola in fermento, d’un interesse che cresce e di nuovi curiosi illuminati che si avvicinano a questa grande realtà.

18 gennaio 2009

I guerrieri della notte

Prendo spunto dall’articolo d’un amico per analizzare un po’ l’ultima ondata repressiva abbattutasi sulla Capitale. Siamo alle solite. E quel che è peggio è che neanche ci sorprende più. Questa abitudine tutta italiana di bypassare i problemi, di non voler proprio cercare le soluzioni, perché le proibizioni sono più a portata di mano, oltre che più efficaci ad una prima occhiata. Perché sbattere la testa su programmi razionali, quando si può tranquillamente contare sui divieti. Però il cerchio non si chiude solo con la minaccia d’una sanzione, perché tutto fila apparentemente liscio fino a quando è fatta rispettare, ma è solo per coazione che tutti si adegueranno ad essa e prova ne sia che se la si elimina, i comportamenti si riallineeranno allo status quo. E peraltro è normale che sia così, soprattutto quando il divieto trova fondamento su basi concrete quanto mai fragili. Misure adeguate e non sotto la minaccia d’una pena, quelle sì hanno molte probabilità in più d’essere rispettate spontaneamente e quindi durevolmente. E non c’è niente di peggio che dover subire le conseguenze dei comportamenti altrui. E non parlo della regola causa-effetto d’un passante che mi da all’improvviso un pugno in faccia e che mi fa ritrovare a terra, ma di quando ci vengono imputati problemi di cui non siamo noi la causa. I problemi, oggettivamente innegabili, che si vengono a creare soprattutto la sera, nelle grandi città come Roma, non si risolvono da un giorno all’altro. E su questo siamo tutti d’accordo. Ma non si va al pronto soccorso per un raffreddore. Soprattutto non si giudicano i problemi con la fretta dettata da esigenze di visibilità politica e con l’obiettività di chi preferisce attraversare il fiume su un ponticello traballante, piuttosto che allungare un po’ e passare sulla terra ferma. Quale scrupoloso medico ha fatto la sua diagnosi stavolta? Roma è malata? Si vedono flotte di particelle che la infestano ogni sera banchettando e schiamazzando ovunque. E questo male va sradicato ad ogni costo. Anche se dovesse essere necessario eliminare anche gli anticorpi. D’altra parte non c’è né tempo né possibilità di stare a distinguere questi dai batteri. Vietiamo la vendita di alcolici e rafforziamo la cura triplicando le visite di controllo in mano alle forze dell’ “ordine” e questa sferzata antibiotica risolverà ogni problema. Se non fosse che interrotta la profilassi, il paziente senza più anticorpi va incontro a destini ben peggiori di prima. Perché il bravo medico visita scrupolosamente l’ammalato e prescrive una cura che sia tarata sulle reali condizioni dello stesso e non prescritta forfettariamente. Perché in quest’ultima ipotesi qualcuno magari si salva, ma qualcun altro ci lascia le penne. Non solo, ma quello stupisce di più è che in una situazione in cui il male è certamente dovuto al concorso di varissime situazioni debilitanti, l’Ippocrate del senso civico abbia individuato una sola causa. E stranamente solo la più appariscente. Col classico trasandato lassismo di chi punti tutto sul numero dei visitati e non sulla qualità della cura. Perché se provasse a vedere quali e quante sono realmente le cause, sarebbe costretto a seguire il paziente molto più da vicino e con ben altro dispendio d’energie. E quindi tutto e tutti, attaccabrighe e urlatori, calciatori notturni e predatori sessuali, evasi e picchiatori professionisti, xenofobi e recidivi, esaltati della pista sia quella da ballo che quella da sballo, trovano tutti la causa della propria “urbanisticamente indecorosa” euforia, nell’alcol da asporto. Senza differenze oltretutto tra chi ne abusi realmente e chi se lo goda invece per passione. D’altra parte è anche medicalmente risaputo che l’alcol bevuto per strada è ben più inebriante di quello consumato tra quattro mura e che se bevessi una birra alle 22.00 fuori dal pub di un amico, avrei istinti criminosi ben peggiori di se prosciugassi una bottiglia e mezzo di whisky seduto dentro a un tavolo. Sta tutto nell’aria secondo la mia attenta diagnosi, quand’è “aperta” è più narcotizzante, anche per colpa di Sirchia (forse era in combutta con tutti questi lestofanti?) che ha dato a tutti il permesso di fumare fuori. E anzi è ingrato, chi non senta di dover anche un ringraziamento ai saggi terapeuti del Comitato provinciale per la sicurezza, che invece ha voluto scartare l' ipotesi del sequestro immediato delle bottiglie, che pure era stata ventilata: avrebbe significato dichiarare fuorilegge tutti quelli che, invitati a casa di amici che abitano in centro, decidono di portare in dono uno champagne, ma era un prezzo ch’ero pronto a pagare per non dovermi guardare le spalle ad ogni angolo. Parla da laico di medicina il presidente di Confcommercio Cesare Pambianchi quando dice che «È una strada che sacrifica solo chi non è causa del fenomeno. È una privazione di libertà. Capisco l' emergenza, ma così rischiamo di diventare la città dei divieti». Lui guarda solo al vile metallo, non pensa al bene del suo gregge. Vabbè, mi fermo. Solo una cosa mi consola: che se neanche Rex Banner è riuscito a vincere sullo stop all’alcol (a Barney: «senti spugna, te lo dirò in modo chiaro e semplice: dove hai sgraffignato lo spirito? Qualche bettola occulta sta spillando birra aum aum?» ) non sarà di certo un’equipe guidata da un Pecoraro a toglierci questo piacere! (Banner [prendendo Flanders per la maglia]: -Sei tu il Barone Birra?- Ned [sorride imbarazzato]: -Ahah…se intende lo sciroppo al luppolo, mi ritengo colpevole, colpevolino, colpevoletto, vostro onore!- Banner: -Non è il Barone Birra [sussurrando rivolto agli agenti] però sembra brillo… dentro!- ).

12 gennaio 2009

Kerkom 4:20 Smuggle brew


Marc Limet, da una decina d'anni anima e corpo della Brouwerij Kerkom, celebre soprattutto per le sue Bink, le Adelardus e la natalizia Winterkoninkske, ha brassato una birra dedicata all'amico Alex Liberati della Brasserie 4:20. Come si legge sul retro si tratta di una blond bier prodotta dal mastrobirraio belga unendo quelli che sono i gusti e le preferenze suoi e di Alex. La produzione è destinata però particolarmente all'America, al Belgio e all'Olanda e qui da noi non ne arriverà molta, cosa che rende questa Kerkom ancor più rara da trovare: io ho avuto la fortuna di avere qualche bottiglia direttamente nel locale di Alex sotto Natale, quando la 4:20 Smuggle Brew (birra di contrabbando) era arrivata da poco; sarà peraltro possibile provarla alla spina nella brasserie di Via Portuense il 22 di questo mese in occasione della prima serata del World beer party (22/23/24 gennaio).